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GIUSEPPE CATENACCI, RIONERESE ILLUSTRE:

UN RICORDO NEL 40° ANNIVERSARIO DELLA MORTE


di Michele Traficante

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GIUSEPPE CATENACCI, ILLUSTRE RIONERESE

Un nostro ricordo nel 40° anniversario della sua morte.

di Michele Traficante

Rionero in Vulture vanta tanti figli illustri che hanno onorato, e tuttora onorano, per la dirittura morale, per il prestigio assunto in campi diversi, la città che ha dato loro i natali.

Vogliamo ricordare, nel 40° anniversario della scomparsa, un uomo ancora vivo nella memoria di quanti hanno avuto la fortuna di conoscerlo e di apprezzarne le doti di cuore e di mente: l'ingegner Giuseppe Catenacci. Tale atto vuole essere per noi una testimonianza di profonda stima e devozione avendo avuto il Catenacci come maestro di vita e di sapere, oltre che amico carissimo.

Nato a Rionero in Vulture il 4 ottobre 1893, da modesta famiglia d'artigiani (il padre era fabbro ferraio), ben presto rivelò il suo carattere irruento, battagliero e un ingegno assai promettente. Tanto che il padre, ( mast' Francisc lu firrar , come lui amava chiamarlo), non badò a sacrifici pur di mantenerlo agli studi.

Frequentò il liceo a Salerno e infine s'iscrisse alla facoltà d'ingegneria presso l'Università di Napoli.

Lo scoppio della 1^ Guerra Mondiale lo trovò ancora studente e, come migliaia di giovani della sua età, fu costretto ad interrompere gli studi per correre a difendere la Patria. Fu ufficiale del genio di complemento e decorato al valor militare e civile. Finita la guerra, nella quale perse il fratello maggiore Michele caduto sul San Gabriele, riprese gli studi e, il 2 maggio 1921, si laureò come ingegnere civile presso il Politecnico di Napoli. Iniziò così la sua infaticabile e appassionata opera professionale e di studioso, dispiegatasi per oltre mezzo secolo, interessando vari aspetti della cultura e dell'arte.

Erede spirituale di Giustino Fortunato, che conobbe e frequentò nella casa di Napoli e per il quale nutrì sempre sconfinata a sincera ammirazione, pur non mancando di evidenziare le lacune di ordine pratico dell'Apostolo del Mezzogiorno, Catenacci ha attinto da questi il rigoroso metodo d'indagine storica ed esplorò e approfondì con grandissima passione la complessa, ed ancora oggi insoluta, Questione Meridionale. Nello studio napoletano del senatore Fortunato, ove si recava spesso, ebbe modo di conoscere gli uomini più illustri della cultura italiana, frequentatori abituali di quella casa.

Giuseppe Catennaci e
Michele Traficante

Un giorno del 1924 si trovò di fronte niente meno che Benedetto Croce e il Fortunato, chiamatolo da parte e indicando lo studioso abruzzese, gli sussurrò in un orecchio: " Sai in quella testa è racchiuso tutto il sapere umano".

L'anziano ed illustre senatore, sofferente, deluso e amareggiano negli ultimi anni di sua vita, trovava grande sollievo dall'amicizia e dalla corrispondenza del giovane ingegnere rionerese. " ... le tue parole - gli scriveva - mi tornano infinitamente grate, assai mi allietano l'animo e del tuo affetto - puoi e devi credermi - sono rigogliosissimo". E ancora " ... da te mi viene una consolazione che assai, assai, assai di rado m'è venuta da' nostri paesi". La stima di cui il Fortunato faceva oggetto il giovane ingegnere, come testimonia il nutrito carteggio, spinse quest'ultimo, nel 1926, a chiedere al grande vecchio di fare da testimone al suo matrimonio con la leggiadra signorina Maria Rubino di Ripacandida, già direttrice didattica del Circolo di Rionero. Entusiasta il Fortunato, sentendosi onorato, accettò donando agli sposi un anello favoloso che, mi confidava con orgoglio Catenacci, era il regalo più bello e che teneva più caro.

Fu autore di numerose opere storiche, fra cui citiamo " Giustino Fortunato e il Mezzogiorno d'Italia", " Il mito di Giustino Fortunato", " Cristo si è mosso... ma non per noi", "Michele Granata e il Cardinale Ruffo nella Repubblica partenopea" (modellò pure il busto del monumento del martire), "Il Vulture e la Badia di Monticchio", Venosa Romana", " La Battaglia di Canne e Canosa romana", " La questione meridionale dai tempi di Roma ad oggi", "L'avvocato in paradiso ", " L'autostrada Napoli - Bari ", Idee sul problema del Mezzogiorno" ecc. Catenacci mostra chiaramente di preferire al classico "spulciar fra le antiche carte", l'osservazione diretta dei luoghi che furono teatro di grandi avvenimenti storici. Fu profondo conoscitore della storia di Roma antica e dei suoi enigmi e dei suoi apologeti. Con quanta dimestichezza parlava di Tacito, Plutarco, Plinio, Strabone, Ovidio, Tibullo ecc. Nutriva smisurata ammirazione per Orazio, di cui apprezzava non solo il poeta sommo, ma anche le qualità umane. "Catenacci, per la prima volta, individua la fonte oraziana (la celebre Fons Bandusiae) a pochi chilometri da Banzi, sulla riva destra del torrente Banzullo", ha scritto Michele Marotta nel 1981 sul Bollettino della Biblioteca Provinciale di Matera. Poeta sensibilissimo ha trasfuso nelle sue non poche raccolte di versi il delicato sentimento degli affetti familiari e la lirica contemplazione delle bellezze della natura, in special modo del suo tanto amato Vulture. " E' nato un vulcano", "Ascensioni", " Il poeta errante", " In memoria di Maria Catenacci Rubino", " I sonetti dell'Ofanto", sono alcune delle sue opere poetiche più significative e più note. Intensa anche la sua attività politica. E' stato convinto e irriducibile antifascista, sostenitore appassionato dei valori di libertà e di democrazia.

Nelle elezioni amministrative del 1923 capeggiò a Rionero in Vulture una lista in contrapposizione a quella del regime fascista. Pochi giorni prima delle votazioni, con altre 10 persone venne arrestato e liberato 5 giorni dopo, ad elezioni avvenute.

Fu primo vincitore di concorso e per oltre un ventennio professore di Topografia e Costruzioni presso l'Istituto Tecnico di Melfi. Ne fa fede la sua pubblicazione " L'esempio e la parola nella scuola".

Finita la guerra nel 1944, fu nominato Consultore nazionale su proposta del C.L.N. (Comitato di Liberazione Nazionale) e vi rimase fino al 1946. Numerosi ed interessanti sono i suoi interventi in tale consesso, richiamando l'attenzione dell'Assemblea sugli annosi problemi del Mezzogiorno. Nel ventennale della Consulta Nazionale gli venne conferita la medaglia d'oro. Nel 1957 gli venne conferita l'onorificenza di Cav.Uff. dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana. Nel difficile trapasso dalla dittatura alla democrazia Catenacci esplicò la sua intensa attività per istituire sedi della democrazia cristiana in tutti i paesi del Vulture-Melfese. Candidato all'Assemblea Costituente il 2 giugno 1946, risultò il primo dei non eletti con Michele Marotta. Fu più volte deputato provinciale, consigliere comunale portando sempre con grande passione e disinteresse il contributo delle sue non comuni competenze tecniche e conoscenze delle condizioni socio- economiche delle nostre contrade. Su personale invito e sollecitazione di Adriano Olivetti nel 1958 aderì al Movimento Comunità. Grazie alle sue competenze tecniche nel 1934 si evitò l'abbattimento della maestosa cupola della chiesa Madre di Rionero in Vulture, gravemente danneggiata dal terremoto del 23 luglio 1930. A lui si deve la

progettazione, gratuita, del cinema teatro Combattenti di Rionero in Vulture purtroppo abbattuto nel 2005 per i danni subiti dal sisma del 1980. Fu collaboratore prezioso di padre Giovanni Semeria e di don Giovanni Minozzi

nella realizzazione degli Istituti per l'infanzia abbandonata e per gli orfani di Guerra (Asilo infantile " Antonia Fortunato Rapolla” di Rionero, il Principe di Piemonte di Potenza, la Casa dell'orfano di Barile). Al suo impegno si deve l'elevazione a Ente Morale della Casa di Riposo "Virgo Carmeli" di Rionero, fondata nel 1927 dalla pia donna Maria Luigia Tancredi Martiello, affettuosamente chiamata dal popolino " la mamma dei vecchietti".

Per preciso volere del vescovo diocesano, mons. Domenico Petroni, gli fu affidata la presidenza del 1° Congresso Eucaristico interdiocesano tenutosi nel 1949. Affiancò, con la sua opera gratuita di progettista e direttore dei lavori, i francescani padre Achille Fosco e padre Luigi Ricciardi nella costruzione dell'imponente orfanotrofio " Il Misericordioso" di Rionero in Vulture.

Giornalista pubblicista (iscritto all'Albo nazionale con tessera n° 4978, della sezione di Bari) ha collaborato per anni a diverse testate giornalistiche, fra cui " Il Mattino", "Il Tempo", " Roma", "Giornale d'Italia", "Momento Sera", " Gazzetta", "Rinascita"ecc. " Il giornalismo - ci ripeteva spesso - dovrebbe essere una palestra nobilissima per l'educazione delle masse. Ma, usato a scopo demagogico, e peggio ancora diffamatorio, è l'arma più adatta per pervertire le coscienze". Memorabili le sue battaglie per il riconoscimento di Rionero in Vulture, per la sua posizione a centro dell'area, a capoluogo della reclamata terza provincia della Basilicata.

Nell'austera solitudine in cui si era rinchiuso negli ultimi tempi, ebbe modo di meditare amaramente sulla natura dell'uomo (" la riconoscenza non è virtù del cuore umano", era solito affermare Giustino Fortunato), il più delle volte è ingrato e impietoso verso chi crede e lotta per il miglioramento delle condizioni morali e sociali dei più poveri e dei derelitti.

La sua morte, avvenuta l'8 febbraio 1975.

Rionero però non può e non deve dimenticare uno dei suoi figli migliori che ha dato decoro e prestigio a questa fortunata cittadina del Vulture.