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Crocco - Una proposta interpretativa

di Pasquale Tucciariello


Caro lettore, cara lettrice,
ci tengo molto a questa storia su Crocco. Non è questione di riabilitazione, non voglio farne un eroe, forse non ne sono ancora pronto, tanta è l'infarinatura ideologico-culturale nella quale anch'io per decenni sono stato coperto e plasmato da certa retorica risorgimentale.
Attraverso il racconto la storia può risultare gradevole, può aiutare la conoscenza di un fatto dai lati ancora ambigui. Del resto, la storia è narrazione, sicuramente dei fatti.
Platone racconta la sua filosofia attraverso immagini formidabili, il mito. Propone il concetto di conoscenza - e di educazione - col mito della caverna. Il filosofo è lo schiavo in fondo a una caverna, costretto, perché incatenato, a guardare la sola verità possibile. Ma quando spezza la catena ed esce dalla caverna semibuia vede un'altra realtà, una nuova verità. Torna nella caverna per raccontare la verità. E non creduto rischia perfino di morire (Socrate difatti ne morirà). Ma è quella la sua missione, la responsabilità di fare educazione. Alla verità.
La storia si fa con i documenti, certo. Ma quando vengono trovati solo alcuni documenti scritti perché altri sono stati negati dalla dittatura del tempo (la legge Pica, lo stato d'assedio), puoi fare storia solo con quelli? Ci sono i racconti. E cosa sono i racconti dei nonni, che hanno raccontato ciò che hanno veduto non certo per ottenerne vantaggi economici? Quei racconti sostituiscono quei documenti mancanti. Sono i racconti del popolo, di quel popolo che è stato vittima prima dei Borbone poi dei Piemontesi. Sono i racconti del nostro popolo, che di Crocco dice che fu uno che si è ribellato, un ribelle dunque, e quel movimento era ribellione. E così mio nonno mi raccontava ciò che due uomini di Crocco in America gli avevano raccontato, la nonna di Michele Placido gli aveva raccontato che Crocco era uno che si è ribellato mostrando per lui ammirazione, il nonno di Donato Santoro (Youtube, Crocco Ribelle), figlio della staffetta di Crocco, ha raccontato anche altro.
Quei nonni sono “persone informate dei fatti”, meritano di comparire all'interno di un processo. A fianco ai documenti processuali che testimoniano gli omicidi di Crocco (circa 70 per sua stessa ammissione) ed altre testimonianze comparse al processo, abbiamo il dovere di aggiungere altri soggetti, altre annotazioni, quelle del popolo, quelle negate dai vincitori. E anche con quelle, io, insegnante di storia per lungo tempo, assolvo Crocco, lo riabilito. E non solo per umana pietà. Lo riabilito e lo assolvo avendo letto e studiato la vicenda da almeno un ventennio.
Lo assolvo perché Crocco fu vittima di prepotenze ai danni della madre e ai danni del padre.
Per aver vendicato l’onore della sorella.
Per aver tentato di liberare il popolo meridionale unendosi a Garibaldi che credeva liberatore.
Per essere stato perseguitato da notabili del posto che lo volevano di nuovo in prigione.
Per il coraggio mostrato reagendo, dileguandosi nei boschi, aggregando altri uomini.
Per la capacità di porsi al comando di 100, 1000, 2000 uomini con cavalli ed armi di fortuna.
Per aver fronteggiato dal basso, come popolo, l’aggressione di 120mila soldati piemontesi.
Per avere difeso il territorio ed il suo popolo dall’occupazione selvaggia delle terre del Sud.
Per aver rifiutato persino l’appoggio del Borbone, non assoggettandosi al gen. Borjes.
Per aver combattuto per circa 4 anni, spesso vincendo, contro l’esercito cosiddetto italiano.
Per essere riuscito a sfuggire ad agguati, accerchiamenti, uscendone illeso.
Per aver saputo sciogliere il suo esercito di disperati, consigliando di disperdersi.
Per aver saputo vivere la sua condizione di carcerato per 40 anni con esemplare dignità.
Per aver saputo scrivere un’autobiografia straordinariamente bella, da uomo libero. Da ribelle.
Se fossi giudice pubblico, riconosciuto tale, lo assolverei, ordinando ogni conseguenza di legge.
Ma sono insegnante e mi occupo, ora, di storia. Perciò posso solo indicare, proporre e non disporre.
Caro lettore, cara lettrice. Se anche tu condividi questa mia analisi, fa’ che ogni strada della tua città non venga più offesa col nome di assassini accertati tali. Si cominci con Cialdini, come ha fatto la Città di Napoli. Poi con Bixio. Ed a seguire altri nomi.
Rionero, Giugno 2017 - Centro Studi Leone XIII – www.tucciariello.it
Pasquale Tucciariello

 

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