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10/12/2020

TELE DI POESIA: L’OPERA DELL’ARTISTA MARCO SCIAME IN MOSTRA NELLA GALLERIA VIRTUALE DEL CENTRO STUDI LEONE XIII
Testo critico e commento poetico alle Tele a cura di
Angela De Nicola

 

Nel piacere d'un viaggio, autore Marco Sciame 
Acrilico su tela 
Cm 40x60
Anno 2019

 

Sorprese
nei vicoli
di un incerto
vagare
sulle scale
ripido
si affaccia
il tuo profumo
vende
due sogni
di spiccioli
continui:
scampanellio
e dolce assaporare.

@angeladenicola

 

L'ultima presenza, autore Marco Sciame 
Acrilico su tela 
Cm 80x120
Anno 2019

 

Non appiccica al tappeto
Non dà rughe
Come di ruote
Sottili
In sottostrada.

Potrebbe essere ovunque
Io mi lasci sfalsare
Ricomponendo il loft
In insidioso
Disordine D’anima.

@angeladenicola

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La bellezza, autore Marco Sciame 
Acrilico su tela 
Cm 69x90
Anno 2019

 

Frutto del caso
ovunque lo sguardo
dia tregua
al rigido inarcarsi della schiena;
perché bellezza è nullità
di vortice incolore
che passa
e gira la conocchia
finche’ ha pace
nel rito cerebrale
di una testa
in cui l’arcobaleno ancora danza
dopo una pioggia
di fragili ghigni al cuore.

@angeladenicola

 

 

 

 

 

 

 

A suon di danza, autore Marco Sciame 
Acrilico su tela 
Cm 40x60
Anno 2019

 

Piove
un tocco di strale
dalle dita
e il suonogoccia
nitido passa
evaporando
rapido
il colore del gesto
che pulsa immobile
lasciando
un’eco di danza
e l’abbandono
di altissimi baci
al pianoforte tremulo
violarosso che vibra
il blu distonico
immobile
di ultime
sorrise lacrime.

@angeladenicola

 

 

 

 

Regina, autore Marco Sciame 
Acrilico su tela 
Cm 40x60
Anno 2019

 

Sono nata a fotogrammi
madrefiglia di una stessa perla
con l’ombra di farfalla sotto il naso.

Sotto luci
di camino e di candele
l’inverno svecchia
l’estate
che pulsa intatta
nel blu marino
del costume di scena.

In posa programmatica d’abisso
con fiato di pennello
la gemma scende dai miei occhi.

Il cristallino accende
applausi freddi
di luci artificiali.

Il sibilo del serpente geme
l’abbraccio
di lava
al fuoco
del ballo incantatore.

@angeladenicola

 

La nuova strada, autore Marco Sciame 
Acrilico su tela 
Cm 50x60
Anno 2019

E sulla strada gialla
Disegnammo
Un fatuo futuro
fuliggine autunnale
E già pensammo noi
Bagagli di passato
E foglie più cadute
al lato della vita.
E mentre l’automobile sfrecciava
E le tue gambe rimanevano mute
Risposi quel ch’io fossi al vento
E intatto al vento
il sibilo rispose.

@angeladenicola

 

 

Meccaniche dimensioni urbane, autore Marco Sciame 
Acrilico su tela 
Cm 50x50
Anno 2019

 

La mia Hiroshima
è un’iride che esplode
Nell’arcobaleno di un flan metropolitano.
Il piano americano
Flambè
Io non l’ho escluso
Ma messe al microscopio le tue linee
Le sferzo col pennello e con la china
Giocando di soppiatto al diradare.

@angeladenicola

 

 

Nel verdeggiar delle onde, autore Marco Sciame 
Acrilico su tela 
Cm 70x70
Anno 2019

 

 

Tu nella lente di
un paese abbarbicato
in luce lamellare
ed in cromie
scomposte.

Un poster ti sottende
Ed il fruscio di gomme sulla strada.

La curva concentrica
t’insinua al verde dell’onda pendula
ed un fogliame sparso
ti racconta.

Ma sfalsa lo strazio
malinconico e ingiusto
di un dissanguato
immobile
urlato
restare.

@angeladenicola

Racconti di memoria
Acrilico su tela 
Cm 60x90
Anno 2019

 

 

 

 

 

 

 

 

La Diva riposa
E i vicoli di Roma
Miagolano pianti.

E dove sono le bandierine
del Settantatrè
La festa e il tricolore
Fuori il finestrino
Ed i sorrisi che ammiccano il rossetto
E lo sfrecciare ridicolo a strapiombo del felice mare.

Si accendono luci al bisturi
di una chiave inglese
la Diva risorge
per un sogno italiano.

Nei vicoli di Roma
gas e clacson rock
sorrisi
Lollo e Pop
dopo la bomba.

@angeladenicola

Nell'avvenire di ieri
autore Marco Sciame 
Acrilico su tela 
Cm 60x80
Anno 2019

 

Perso nel mare dei ghirigori
Fiorisco come un Haiku
E tremulo aggancio
Il richiamo sdoppiato.

La voce telefonica
è l’ultimo mio spicciolo
in spicchi di luce tremula
al neon di un futuro
che si specchia
fluendo
tele e fili
di ragni inessenziali
in linee di discromico passato.

@angeladenicola

 

 

 

 

 

 

 

TELE DI POESIA: L’OPERA DELL’ARTISTA MARCO SCIAME IN MOSTRA NELLA GALLERIA VIRTUALE DEL CENTRO STUDI LEONE XIII

Ci ride su. Paolo Cerasoli, Marco Sciame … non dimenticando che esiste anche un Paolo Sciame qualche volta per i più fantasiosi.
E mentre pensavo a questo simpatico “aneddoto nominale” con cui iniziavamo qualche mese fa la nostra chiacchierata artistica, cominciavo più o meno parallelamente a soffermarmi su quanto in realtà sia importante, ovviamente, non tanto mischiare nomi e cognomi, battesimi d’arte e morfologie nominali o - che so - andare alla ricerca del perché di un nome d’arte, quanto semplicemente invece accorgersi che siamo di fronte a un mondo. E accorgersi di questo è già un buon punto di partenza, anzi forse già un bel traguardo. Un mondo. Un mondo i cui colori non sono mai stati così essenzialmente “nome” o meglio mai così essenzialmente “morfologia”, “forma”, “anima”. E qui, proprio dentro a questo mondo, si è voluto come scommettere e puntare tutto il conoscibile che si ha della tela, per tirare dritto - e subito - verso lo “shot” artistico. Benvenuti nel mondo di Marco Sciame, all’anagrafe Paolo Cerasoli.

Nulla di più semplice, eppure nulla di più complesso. Un mondo. Entrarci dentro. Ti ci invita a farlo il colore, che è la base di questo mondo. Il colore è combattimento. Lo sa chiunque lotta un minimo con il telaio telato. Peggio che andare di penna e foglio, forse. Nulla di più faticoso come la pazienza di bussare alla porta della musa figurativa, rischiando di non trovarla perché la pennellata non è ancora quella giusta, perché il colore non scalda e la luce proprio non vuole entrare in quell’angolo della tela. Nulla di meno, potrebbe dire qualcuno, della Pop Art nel caso della tipica tela di Paolo: però davvero nulla di meramente scontato nell’ambito di questa; o anche nulla più di quanto già di bello abbia la nostra Italia della Storia dell’Arte Contemporanea o del nostro Colore Moderno per l’osservatore superficiale: eppure esplosione, emozione, parola, messaggio nuovo in queste tele che provengono dalla bella terra abruzzese.

Immagini lamellari? Sfasamenti? Certo, ma le tele di Marco Sciame che si sono fatte conoscere al pubblico maggiore col Premio Biffi nel 2015, sono qualcosa in più di un solo riconoscimento importante. E sono qualcosa in più anche di una bella lettura critica di Vittorio Sgarbi o dell’eccellente punto di vista di uno storico dell’arte come Claudio Strinati.

Mi si permetta questa irriverenza scritta: sì, qualcosa in più. Questo perché, lo dico candidamente, spesso è l’osservatore disincantato ma attento (e come sempre anche il cuore che osserva nel piacere dell’assertività e della contemplazione senza schemi) a fare la storia. Penso a quanto ha suscitato il mio primo sguardo su “NEL VERDEGGIARE DELLE ONDE” o su “MECCANICHE DIMENSIONI URBANE”. Ritmo, mondo, dimensione altra. Parola. Si vive per comunicare. Dagli occhi al cuore. E c’era una volta l’Angelo michelangiolesco che se ne stava imprigionato nel marmo e che è venuto fuori e ancora sta librando nell’aria … e c’era una volta la coscienza parlante del colore di Van Gogh nella Stanza o dentro il nettare del Girasole e poi la negazione irriverente di Magritte sulla Pipa e ancora la ribellione della linea di De Chirico, di Carrà e di Duchamp che ottunde col suo “ready made” decontestualizzato. Vado forse un po' a caso, certo, ma si tratta della costante moderna di “storie di materia” vissute sempre tutte per donare all’occhio la sua quadrifonia. Come un sussulto di corde sull’arpa, il colore non è la semplice materia ma è un qualcosa che fa la materia, creandola e ricreandola nell’etere telato. Il colore è fatica. Grido, sussulto, risonanza. Interdetta, minacciosa risonanza. Sussurrante ad un tempo. E si lavora. Pennello a raccontare.

Continuo a far parlare i dati, poi spiegherò anche il perché di questa Galleria Virtuale che spero la maggior parte di persone da questo momento in poi visitino attraverso il nostro Sito, facendo della seconda ondata pandemica una scusa per girovagare a musei chiusi.

Le tele, detto tra parentesi ma non troppo, sono anche acquistabili per chi lo volesse.
E allora dati, ancora dati per il mondo di Marco Sciame: targa d’oro per il concorso “Arte” indetto da Mondadori, sempre nel 2015, da cui sono scaturite due personali, una a Piacenza nel 2017 e l’altra a Padova nel 2018; e un’opera importante, “Madre mia”, collocata ad interim nella Cappella Inferiore dell’Ospedale di Teramo come risultato della collaborazione con il Museo d’Arte dello Splendore di Giulianova; e ancora altre personali che lo hanno visto protagonista, da L’Aquila (città dove l’artista nasce nel 1969) ad Ancona, da Pescara a Roma, passando per Lecce e per finire poi a Zocca (Mo) , città natale di Vasco Rossi, dove l’arte di Marco ha rappresentato il carisma musicale del Rocker emiliano che non ha esitato ad autografare la grande tela rappresentante il manifesto ufficiale del suo tour “Modena Live Park”, tela rimasta poi nel teatro del Comune della cittadina. E ancora, Costiera Amalfitana e Salento, che ben conoscono l’arte di Paolo, con molte collettive; e poi Trani, Potenza, Taranto, Macerata, Genova, Milano … viaggiano e si spostano le tele per la gioia degli occhi e del cuore e viaggia anche l’artista così come mi ha confermato nel nostro dialogo telefonico, entusiasta e disponibile a che alcune delle sue tele passino da oggi anche per la vetrina virtuale del nostro Centro Studi.

Marco Sciame è anche disegnatore e dal 2011 autore e regista di performances artistico-teatrali, oltre che fumettista. Ma l’avverbio non indica in questo caso un pleonastico di grado inferiore. Tutt’altro: il fumetto, ad esempio, ha dato corpo ad una impalcatura tecnica ampiamente riconoscitiva e personale che è rimasta poi viva nel costrutto telare e che sembra trasferirsi quasi del tutto integra nell’uso del pennello, nella tecnica lamellare e nello sfalsamento delle geometrie, dello spazio, nella decontestualizzazione stessa della figura umana, femminile, che diventa soggetto-oggetto e quindi vivacità non espressamente delineante ma piacevolmente adattata al tutto e che sottolinea lo spazio smarcandolo e vivisezionandolo ad un tempo.

In tal senso “Gabriele d’Annunzio tra Amori e battaglie”  una grande opera a fumetti firmata da Marco Sciame nel 2013 ed in uscita allegata con “Il Giornale”, tracciando un’inedita ed intima biografia tra il pubblico e il segreto del Vate conterraneo, crea uno spazio dove la matita e la china, più che semplicemente raccontare, vivificano e svelano uno sguardo che plasma l’attorialità e l’iconicità nella quotidianità del d’Annunzio, quotidianità ed iconicità -se vogliamo- ad un tempo sia eroiche che ordinarie: uno sguardo immediato, diretto, in seno alla ricerca del tratto umano del poeta che riesce per molti versi a scavalcare - ma al tempo stesso a valorizzare - quanto di eccessivamente mitologico la storia ha dato alla figura del Pescarese, pur preservandone appunto la classica dimensione eroica. Il compito del fumetto è qui ben assolto e d’Annunzio ci è molto vicino attraverso i disegni di Marco Sciame, vicino proprio come può esserlo un qualsiasi eroe che dalle storie a fumetti si lasci celebrare e sognare dal suo lettore-osservatore. E se l’ambito fumettistico non si esaurisce al solo lavoro dedicato al Pescarese ma prende forma e soluzione attraverso tre numeri a fumetti sulla “Storia di L’Aquila” distribuiti su scala nazionale, nonché attraverso collaborazioni con autori del calibro di Ade Capone fino a giungere alle più attuali pubblicazioni fumettistiche di eroi europei contemporanei “stile Marvel” acquistabili in E-Book e on demand, un motivo ci sarà: china e matita come tratto discreto e celebrativo a un tempo, rivelatore e misteriosamente adombrante, fanno del tratto fumettistico di Marco Sciame un segno inconfondibile dove l’eroismo può e deve confinare con la normalità e dove anzi l’eroe stesso riesce a dare la mano alla versione più intima e meno altisonante di se’.

Solitamente - lo ripeto - è vero, non amo fornire un semplice insieme biografico di dati “tout-court” nelle mie recensioni: ma il bello della biografia di Marco Sciame risiede proprio nella poliedricità che illumina e riflette la dimensione della sua “arte lamellare”, questo “andamento bifasico del mondo” visto dall’occhio e quindi dal pennello con queste infinite folate di colore che partoriscono l’ambiente nascondendolo a un tempo. Biografia e arte: un po’ come il barcamenarsi tra nome di battesimo e pseudonimo…e un po' come il dualismo artistico proprio di Marco che trasferisce il fumetto nella tela e la tela nel fumetto, un po’ insomma come il suo stesso auto-trasferirsi e auto-collocarsi nella dimensione artistica quale “alter ego” dell’eroe dei suoi primi fumetti (e non a caso si chiama proprio Marco Sciame l’eroe autobiografico ma al tempo stesso sovrabiografico e trasfigurato delle prime prove fumettistiche di Paolo, eroe che ha suggerito poi per sempre il battesimo d’arte generale col quale Paolo ha proseguito la sua strada nel mondo dell’arte figurativa).

Apparentemente - e solo apparentemente - siamo qui di fronte ad un mondo ordinato, stabile, semplice, immediato, geometrico, essenziale: quel che però si muove dietro la linea tracciata da Marco Sciame, quel che si cela davvero dietro la geometria che spacca il mondo in più piani - riversi, paralleli, altalenanti, concentrici - e che riempie poi di colori il tutto come uno schiaffo, altro non è se non una mimesi sempre nuova, un fascino sfuggente che invita … e una segreta, sognante e sempre nascosta Realtà. E quel dito la punta dritto a dovere quella Realtà; quel pennello lo fa additandola e ci mostra senza indugio la faccia altra, nascosta, misteriosa, sognante eppure sempre presente, di un mondo che altro non somiglia se non al lato nascosto della luna.

Di Marco Sciame resti dunque all’emozionalità osservante il punto di contatto sempre armoniosamente in bilico tra suggerimento in fieri e tecnica assestata - una tecnica personalizzante che del resto non può non essere necessaria come linguaggio identificativo di ogni artista che si rispetti – ma resti anche come punto fermo l’incontro e la fusione tra applicazione, autoapprendimento e passionalità plastica, trasfigurata, sognata, rappresa e poi liberata nelle maglie di un fascino tecnico-ontologico-poetico come quello del “desiderio” che da sempre si pone qui come piano del possibile in parallelo al piano dell’immediato, dell’oggettivo, dell’osservato, del vissuto. E di questi lavori resti all’osservatore, e lo aggiungo non come postilla, quella ricerca acutissima del soggetto come a cercare un anello di congiunzione tra lo spirito e la carne, tra il suo immobilismo e il suo scorrere, atti così simbolici ed evidenti in questa tecnica del lamellare, dello sfalsamento dei piani. Ma resti ancora, su tutto, veramente su tutto, il mormorio e il baluginare del colore, l’eco del pennello che diviene così dinamico proprio quando afferma di essere così statico; e rimanga, ancora, la formula del viaggio stesso di questo colore, del viaggio stesso della sfumatura che si decide ad essere tale proprio quando non lo è più e ci sfugge. Colori e sfumature che in Marco Sciame corrono e si fermano, si fermano e corrono, sugli oggetti-simbolo del nostro vivere quotidiano, sugli amplissimi paesaggi e sulle tortuose silhouettes umane: colori e sfumature che raccontano di un’Italia unica proprio perché nostra, di un’Italia andata proprio perché rimasta. E’ questo quello che amo definire in Marco il “rischio del colore” che rifinisce e ultima il gioco dei piani sfalsati, che mostra la sua potenza proprio perché applicato ancor più decisamente sul simbolo, sulla costruzione simil-classica dell’impianto telare, sul “mi sembra che io lo abbia già visto”… un rischio che spiega se’ stesso in un andirivieni di pleonasmi “simile dissimile” o “complementare-supplementare” e che riesce a divenire il simbolo ultimo e più forte dell’arte di Marco, la firma più decisa e netta di Sciame.

E se vi raccontassi infine che tutto questo baluginio degli occhi e del cuore, che tutta questa orchestrazione di colore, che tutta questa personalissima rivoluzione provengono per molti versi non tanto e non solo dall’amore per gli spazi aperti come quelli del mare abruzzese ma anche dall’amore per un rifugio italiano chiamato Treia (un borgo marchigiano in provincia di Macerata dove Marco mi confida di stare seriamente pensando trasferire il suo atelier ed in pratica tutto il suo mondo) forse, da osservatori, rimarreste ancora un poco, ancora un’istante pieno, all’interno di questa Galleria Virtuale, per riflettere ed ammirare il tutto.

Ritrovo nelle montagne che coronano Treia, nel Torrione, nelle stradine serpeggianti del borgo, nelle amenità dell’ambiente e credo anche nell’accoglienza e negli occhi di questa gente, la stessa spazialità che mi dona lo sguardo aperto dell’occhio libero che si tuffa nel mio mare, quello di casa.”

E’ un po’ la stessa sensazione, e non credo di esagerare, dell’Infinito leopardiano. E’ dal piccolo, dalla spiga di grano che cresce dietro la collina a due passi dall’uscio di casa che nasce il viaggio più lungo, quello più profondo: quella sensazione che percorrendo in lungo e in largo un mondo sempre diverso eppure sempre uguale, non si dimentica mai, mai finisce di stupire, finendo poi per allargare tutto il percettibile e la materia stessa di cui è fatto l’intero universo.

Ed è per amore di questa poesia, per amore di questa dimensione infinita che l’occhio ha ritrovato dentro il colore di queste tele, che ho proposto a Paolo l’inaugurazione amichevole ed informale di questa Galleria Virtuale all’interno del Sito del Centro Studi: i versi che mi è piaciuto dedicare a ciascuna delle tele che scorreranno di qui a poco sotto i vostri occhi, siano da considerarsi nient’altro se non un libero commento che partendo per definizione dall’afasia artistica della parola, cerca nei suoi limiti di incontrare ogni volta il gap, il vuoto naturale ed ontologico della mimesi del colore. E’ - lo spero – solo e soltanto la piccola genesi della dimensione comunicativa scritta che cerca di ampliare, nei termini del possibilismo fantastico e con tutti i limiti della “licenza del verso”, lo slancio poetico del dipinto.

Se riuscirete a “leggere queste tele” e a “guardare” queste “poesie” vorrà dire che verso e immagine nel vostro animo si saranno per un attimo incontrate.
E’ solo un momento di pura evasione – dicono - l’arte. Per molti è sempre stato un momento élitario, un momento per pochi. Ma in un’annata come questa, dove tutto o quasi tutto ci è stato tolto, dove l’arte soffre come soffre la vita, penso sia un diritto più che mai democratico partorire e vivere emozioni. Questa Galleria ci porti lontano e ci comunichi che fino a quando l’umanità è ancora umana, l’arte non sarà orpello inutile ma esisterà ancora - malattia dell’anima e suo stesso rimedio, viaggio inarrestabile e cocciuto, innamoramento e perdizione, bianco e nero, inferno e paradiso – per tutti, per ciascuno, indistintamente, per davvero.

ANGELA DE NICOLA
CENTRO STUDI LEONE XIII

P.S. L’Autrice ringrazia di cuore Paolo Cerasoli per la sua pronta disponibilità e rimanda il lettore-visitatore della Galleria Virtuale al sito www.marcosciame.com per ulteriori informazioni sulla vita e sull’opera dell’artista.


Marco Sciame


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