Tucciariello.it

blog

21/02/2021

Bioetica e biopolitica, questioni cruciali

 

Bioetica e biopolitica sono parole entrate nel linguaggio comune che sottintendono questioni ormai globali, planetarie, che toccano le radici dell’uomo, la sua posizione nell’universo che lo circonda, cioè la sua dimensione antropologica. Sono temi appassionanti e decisivi che hanno a che fare con l’entrata e l’uscita dal palcoscenico della vita, le manipolazioni genetiche, l’aborto, la sopravvivenza di individui cerebrolesi, l’eutanasia.

L’impatto della scienza/tecnica sull’uomo è stato accelerato dal XX secolo ad oggi, ed è particolarmente invadente ed incisivo nelle biotecnologie. Una sorta di "ideologia della tecnica" fa pensare che si può fabbricare e produrre tutto e che anche l’uomo può essere oggetto e materia disponibile per qualsiasi manipolazione. La natura non è più una realtà "apriori" ma si può intervenire e anche cambiare il destino biologico. Tale contesto si va a collegare con l’idea libertaria e individualista secondo cui la dignità dell’uomo consiste nella assoluta autonomia e autodeterminazione senza più freni. È da rilevare che nella stagione della secolarizzazione non c’è più neppure Dio come idea di limite e richiamo alla responsabilità.

La biopolitica, cioè la politica che si occupa della vita, recepisce un tale quadro culturale e, a sua volta, contribuisce a fare il mutamento antropologico, e avalla un disegno titanico di riprogrammazione della vita umana che parte non dal valore in sé dell’uomo ma da una valutazione di efficienza e utilitaristica. Si applica la concezione della democrazia procedurale e del positivismo giuridico che consacra il principio della volontà assoluta delle maggioranze che col voto possono fare tutto, anche cambiare l’uomo senza alcun vincolo di rispetto di principi inerenti alla" natura umana".
Tutto questo avrebbe dovuto rappresentare una esaltazione di nuove libertà e possibilità umane e l’apertura di una stagione nuova di "Umanesimo" più pieno. Dobbiamo constatare, invece, che l’uso spregiudicato di certe biotecnologie sull’uomo, insieme anche a nuove concezioni antropologiche, hanno marginalizzano l’essere umano e lo hanno reso oggetto. Accogliere una visione utilitaristica e materialistica di bioetica e riportare l’essere umano solo agli elementi biologici, significa cancellare il peculiare dell’essere umano e retrocedere l’uomo a un destino animale in una sorta di indistinto naturalismo cosmico.

Si ha un riscontro di questo non solo in filoni di pensiero che vedono un continuum tra uomo, animale e macchina ma anche nell’affiorare di una mentalità che si fa strada e che, ad esempio, manifesta grande sensibilità per la vita degli animali ma non per l’aborto umano, che protesta per la sperimentazione sulle bestie ma che, senza fiatare, accetta la nuova eugenetica umana o l’eutanasia. In tale panorama, quantomeno confuso e contraddittorio, si può porre la domanda se l’affermazione di un nuovo, vero, "Umanesimo" non debba cominciare dal riconoscere, secondo l’antica lezione del personalismo cristiano, "il valore in sé" dell’essere umano e la sua dignità, affondando le radici in una cultura forte filosofica e religiosa e fondando su tale base una bioetica, né pragmatistica né utilitaristica, capace di distinguere bene e male e chiedendo una conseguente e coerente biopolitica.
Consigliamo di tornare alla politica anzi rifondandola su solide basi e solide idee fondamentali, ossia idee che fondino la politica senza le quali la politica è altro da sé. Utopie? Non proprio. Anzi, urgenze, proprio come fanno i sanitari quando corrono in sala operatoria a salvezza di una persona in grave stato di salute. Intanto ricomincino a farlo i cristiani, noi, chiamati non solo alla fede e alla speranza, ma alla carità, alla politica, la più alta forma di carità umana in Paolo VI. Servire la politica, non servirsi della politica. Questo spettacolo indecente di parlamentari e di consiglieri regionali che passano con tanta disinvoltura da un gruppo politico di provenienza elettorale ad altri gruppi politici diversi denotano assenza di identità e di appartenenza. Tali spettacoli indecenti non ci appartengono.  

Nina Chiari, Pasquale Tucciariello
Centro Studi Leone XIII


Ritorna alla sezione BLOG per leggere altri contributi