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02/09/2025

Draghi, l’Europa e noi
di Pasquale Tucciariello

 

Il punto di partenza di Draghi è che l'Europa è oggi uno "spettatore" e non un "attore protagonista" sulla scena mondiale, una condizione di impotenza che, a suo avviso, deriva da una mancanza di unità e azione comune. L'ex presidente della BCE ha sottolineato che in un mondo dominato da superpotenze come Cina e Stati Uniti, nessun singolo paese europeo ha la forza di affrontare da solo sfide economiche, di sicurezza o tecnologiche. Chiediamoci il perché dell’analisi di Draghi.

Ciò che Draghi non ha detto, e naturalmente non poteva dirlo perché egli stesso è la cultura neoliberale, è il “perché” le cose sono avvenute in tale direzione.

Provo a dirlo, e non per convincere alcuno perché so già che non accadrà: la mancanza di un'"anima" e l'adesione a una linea politica neoliberale sono le cause profonde dell’impotenza dell’Europa e della sua irrilevanza.

L'anima dell'Europa: una questione di identità e scopi.

Non si tratta solo di definire una strategia, ma di comprendere qual è la filosofia che guida l'Unione. Il neoliberismo, con la sua enfasi sulla competizione, la deregulation e la riduzione del ruolo dello Stato, ha plasmato le politiche europee negli ultimi decenni. Un modello che ha prodotto frammentazione interna, competizione tra i 27 Stati dell’Unione, difficoltà nel perseguire un interesse comune. Il bene comune, postulato della chiesa cattolica. 

L'assenza di un'anima condivisa conduce a percepire l'Europa come mercato unico, entità burocratica priva di una visione forte e di valori condivisi oltre quelli economici. Senza comune identità che indirizzi verso obiettivi condivisi non si superano gli interessi nazionali.

L'Europa ha bisogno di un ripensamento profondo. Non si tratta solo di cambiare le regole o i trattati, ma di ridefinire la sua ragion d'essere. Proviamo a sognare.

Riscrivere il modello economico: abbandonare le politiche neoliberiste in favore di un approccio che valorizzi la collaborazione, gli investimenti congiunti (come lo stesso Draghi ha ipotizzato) e una maggiore protezione sociale, naturale e ambientale.

Investire nelle priorità strategiche: finanziare la transizione energetica, l'innovazione tecnologica e la difesa comune (come Draghi ha ipotizzato) ma come fasi di un nuovo modello di sviluppo.

Realizzare identità e appartenenza: andare oltre la burocrazia per condividere i benefici di un'Unione che difende i valori di pace, solidarietà, democrazia, sviluppo, prosperità e bene complessivo.

L'anima, la sua filosofia cioè, chi può definirla se non le sue radici, ciò che essa realmente è nelle sue viscere più profonde. E le sue sono radici cristiane che debbono essere ben manifeste, a caratteri enormi. E non lo affermo perché io sono cristiano cattolico osservante. Ma perché è l'unica filosofia che definisce il senso di appartenenza, la sua carta di identità nel rispetto di tutti e di tutte le altre confessioni religiose. Portare avanti queste tesi è come lottare contro i mulini a vento lo so. Ma io ci credo, e non di poter convincere, ma di affermare le mie convinzioni questo sì. Pensiero forte e non pensiero debole. E andare contro corrente non mi spaventa. Non si tratta di imporre una fede, ma di riconoscere il retaggio culturale, etico e filosofico che ha plasmato i valori europei come la dignità della persona, la solidarietà e la giustizia. In questa prospettiva, l'anima dell'Europa non è qualcosa da inventare, ma da riscoprire nelle sue fondamenta storiche.

In tempi di secolarizzazione, in un continente multiculturale e plurale, riaffermare l'identità cristiana dell'Europa è operazione anacronistica perché potrebbe minare il principio di laicità e di inclusione? No. Il contrario invece.
Proviamo a leggere le cose diversamente (la filosofia mi ha abituato ad operazioni del genere). Non si tratta di un'esclusione, ma di un fondamento. Il cristianesimo, con il suo messaggio di amore e rispetto universale, funge da collante per una società plurale, perché i valori che ha generato sono compatibili con il rispetto per le altre confessioni religiose e con il dialogo interculturale. In sostanza, usare l'identità e il bene per includere, non per escludere, conviene. Una prospettiva. A far del bene non si sbaglia mai, diceva padre Minozzi nel suo letto di morte. Perciò io provo ad attingere dai Grandi. E ad indicare i percorsi.

C’è un livello culturale ed educativo. L’anima di un popolo non si impone per legge ma si propone per consapevolezza. Significa che scuole e università europee reintroducono studio delle radici filosofiche e storiche del Cristianesimo non per fare proselitismo ma per significare che noi siamo fatti come siamo fatti perché plasmati per eredità. Riscoprire le radici non è chiusura ma apertura, non è chiudere i confini ma regolarli, non chiudere ambasciate ma aprirle al dialogo. Incontri e dialoghi, suggeriva Antonio Masucci. Incontro non scontro. E’ l’anima che si apre ad azioni concrete.

E cioè.
Solidarietà e sussidiarietà, ascolto ai più vulnerabili, redistribuzione più equa delle risorse, sostegno alle comunità locali, politiche agricole produttive ma sostenibili, tutela delle comunità rurali.

Europa come pensiero forte, basata su principi etici. Politica estera a difesa dei diritti umani e promozione dei doveri di singoli e di gruppi sociali, promozione della pace e della cooperazione internazionale. Europa che agisce in base a valori e non a convenienze.

Proviamo a raccontarla più o meno così la nuova Europa che sogniamo. Racconti di storia, di valori e di speranza; racconti di eredità e di senso delle cose; racconti di progetti e di trasformazioni; racconti di pace e di prosperità per i popoli; racconti di felicità e non di tristezza, di ottimismo ragionato e non di pessimismo a buon mercato. Il nuovo modello di sviluppo avvicina, non allontana; apre e non chiude; respira e non è tossico. Utopia? La forma della mente ispira la mente. Penso che la felicità in chiave moderata sia a portata di mano.

Con chi realizzare tali sogni? Ancora una volta la Chiesa indica una strada: con tutti gli uomini e le donne di buona volontà.  


Pasquale Tucciariello, Centro Studi Leone XIII – www.tucciariello.it

 

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