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14/10/2023

La violenza contro le donne e lo spettro della colpevolizzazione
di Michele Lacava

 

Il fenomeno della violenza contro le donne, ormai, assume una portata drammatica anche in Italia, come dimostra lo stupro di gruppo, l’ennesimo, commesso questa volta a Palermo nel luglio scorso da sette ragazzi dai 18 ai 22 anni ai danni di una ragazzina inerme, nel corso di quella che avrebbe dovuto essere una serata estiva all’insegna del divertimento e della spensieratezza. Un episodio che ha scosso l’opinione pubblica non solo per le dinamiche con cui è avvenuto, ma soprattutto per la naturalezza aberrante con cui i carnefici hanno tentato di giustificarlo. E mentre si prova a dare un senso a un evento ingiustificabile a priori, che esemplifica alla perfezione il concetto arendtiano di banalità del male, la vittima si ritrova con un trauma che la segnerà per il resto della sua vita, perché le sofferenze derivanti da un atto di violenza di questo di tipo hanno pesanti ripercussioni anche dopo l’abuso, sia sul piano fisico che su quello psicologico.

L’aggressione a sfondo sessuale può lasciare segni fisici evidenti come graffi, lividi, lesioni, fratture, ma anche e soprattutto ferite gravissime nella psiche e nella sfera intima della vittima che, in certi casi, risultano invisibili a un occhio estraneo nonostante siano capaci di lasciare tracce profonde e indelebili. Subire un abuso ha sempre conseguenze drammatiche; ma nei casi peggiori vuol dire entrare in un vero e proprio vortice di ansie e angosce capace di stravolgere l’equilibrio personale e famigliare della vittima che spesso comporta anche il rischio di scivolare nel tunnel della depressione, dell’alcolismo o della tossicodipendenza. Poi c’è lo spettro della colpevolizzazione, ossia un atteggiamento che consiste nel ritenere la vittima di una violenza o di altre sventure parzialmente o interamente responsabile di ciò che le è accaduto, inducendola, spesso, ad auto-colpevolizzarsi.Si tratta di una vera e propria minaccia alla sua credibilità che rappresenta anche uno dei maggiori ostacoli nella scelta di denunciare o meno le violenze subìte.

Emblematica in questo senso è la celeberrima espressione “te la sei cercata”, un giudizio che pende e pesa come una sentenza, e insinua il sospetto verso ragazze che hanno subìto un abuso perché magari hanno osato sfoggiare un outfit più procace del solito in discoteca, e come se non bastasse, hanno avuto anche la sfrontatezza di rincasare da sole incappando nel mostro di turno. Sì, perché, se è vero che nel mondo di oggi ognuno è artefice del proprio destino, allora è anche vero che dipende da te guardarti bene dal carnefice che potresti incontrare sul tuo cammino. Un sillogismo che non regge. Come non hanno retto le motivazioni degli stupratori di Palermo.

Michele Lacava
Centro Studi Leone XIII

 

 

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