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12/08/2021

IL TERREMOTO AD ATELLA

E Peppe Gatta gridò: Trema, Trema!

di Benedetto Carlucci

 

In questa torrida estate 1930, anno Vili dell’era fascista, nessuno ad Atella pensa seriamente al terremoto. Con tutte le disgrazie diventate - per grazia di Dio e... volontà della Nazione - abituali, nessuno ha tempo di notare l'abbaiare sospetto dei cani ed il singhiozzo sconsolato delle « vetture » (gli asini) che si leva dalle stalle di qualche contadino. Se proprio qualcuno, nel cuore della notte, « a primo sonno », è ancora sveglio, lo deve al pianto affamato di un neonato oppure all’abitudine, rara per la verità ed un tantino snob, di fare quattro passi al fresco. Un’abitudine che possono permettersi, per esempio, solo Peppe Gatta, organista factotum della Chiesa Madre e barista, Venturino Pica, brigadiere dei RR.CC. ad Andretta per caso ad Atella e Matteo Laurenzano, guardia municipale. Che difatti passeggiano un po’ seccati fra le basole divelte di corso Umberto I, dissestato per i lavori della fognatura, e commentano questa vera e propria modernità che la ditta Pietro Iodice, forestiere, sta scavando sotto la direzione del valente inge­gnere don Peppino Catenacci di Rionero. Quando i lavori saranno completati il paese sarà certamente uno dei più puliti della zona e zio Ciccio Caldararo avrà meno lavoro col suo carretto a botte per la raccolta dell’acqua sporca.

Il Vescovo di Melfi, mons. Domenico Petroni, inaugura le Casette asismiche costruite a nord di Atella.

Il resto della popolazione, fatta per lo più di contadini frugali e spesso nullatenenti, « iurnatìr quann sì e quann no », con qualche bravo e stimato artigiano, è andata già a letto - come si usa - « con le galline » (cioè all’imbrunire). È proprio un lusso da signori indugiare davanti all'uscio di casa fino alle ore piccole. Da signori oppure da benestanti. È di benestanti ad Atella non ce n’è molti. Anzi si possono contare si e no sulle dite di due mani. Un’altra giornata torrida comincerà domani, 23 luglio... Anche le fiammelle vive dei pochi lumi a carburo ardono dritte, come sempre quando l’aria è calma, e a quest’ora Z’ Pepp l’Appiccialum russa anche lui beato.
Un sordo boato scuote l’aria tranquilla poco dopo l’una di notte. Cos'è: terremoto o fine del mondo. È il terremoto, maledizione! C’era da aspettarselo, con tutto questo caldo...
L’impressione è terribile; il terrore generale mentre la percezione del sisma trafigge il cervello e raggela la schiena. Ma in pochi secondi il sonno passa dagli occhi. Il tempo di buttarsi addosso qualche lenzuolo di fortuna e subito a precipizio in strada con i figli piangenti e i vecchi in braccio, fra calcinacci, spole e sassi che rovinano da tutte le parti, con le pareti che si spaccano al buio fra una replica e l'altra e la polvere che esce quasi dappertutto da finestre e porte. Per le suppellettili ci sarà tempo domani, se Dio vuole. Adesso si porta in salvo la pelle. Le grida, i pianti, la paura risuonano per lunghi interminabili minuti da un vicinato all’altro di Atella. Tutto il paese ne è attraversato mentre galline, maiali ed asini invadono qua e là schiamazzando, vicoli e strade.

Il più spiritato di tutti, in queste frotte di fantasmi agitati e gesticolanti, è Peppe Gatta, uno dei primi a dare l’allarme.
Nel giro di un’ora le staffette che hanno fatto la spola da un quartiere all’altro del paese hanno già informato i crocchi di gente che si è raccolta fuori tiro negli orti-giardino e negli spiazzi del paese sul primo bilancio sommario dei danni e delle vittime.
È morta, si dice, schiacciata e soffocata sotto le macerie della casa in via Zanardelli la madre ottantaduenne dell’Arciprete don Emidio Maraldi. Gesù! Proprio zia Maria Giuseppa Rigido, che santa donna! Dicono che anche il figlio se la sia vista brutta. E poi dice che Sant’Emidio, certe volte, non aiuta!

Lo spavento per il terremoto è fatale anche ad un altro anziano del paese, Vitantonio Caldararo, ex guardia boschiva che muore d’infarto in mezzo alla strada mentre lo accompagnano lontano da casa in vico Falconieri.
Altre vittime il sisma provoca nelle campagne atellane. A Marotta, lungo il tratturo per Montesirico, restano sepolte sotto il tetto crollato tre persone. Andrea Lovito, 19 anni, e la sorella Rosa Maria, 35 anni, col proprio figlioletto Michele di appena 8 mesi. La madre lo sta allattando quando comincia a tremare forte. Invano cerca di fargli scudo col proprio corpo dal tetto che viene giù: i parenti li trovano esamini, ma ancora abbracciati sotto le macerie.
Da Sant’Ilario giungerà in giornata notizia di altre due vittime: due vecchietti, marito e moglie, di settantacinque anni. Giuseppe Telesca e Caterina Ungaro, per la cronaca. Sette, perciò, in tutto le vittime. Decine, invece, i feriti.

* * *

Albeggia appena quando don Rocco Angiolillo batte al telegrafo il dispaccio del Podestà di Atella don Gerardo Carlucci, alla Prefettura di Potenza ed alle Autorità del Fascio. Da Potenza giungerà nelle ore successive conferma delle tragiche proporzioni del terremoto negli altri paesi del Vulture: Melfi, Barile, Rionero, Rapolla, Ripacandida e, più oltre, Aquilonia e Lacedonia, rase al suolo. Le prime confuse ma impressionanti notizie giungono intanto ad Atella da fuori con la Carrozza postale di mezzogiorno e con quella privata di Antoniuccio Matone (Cataldo) che porta i passeggeri alla stazione ferroviaria di Rionero.

I soccorsi scattano immediatamente e già la mattina del 23 giungono da Potenza reparti autotrasportati del 29° Fanteria con provviste, medicinali e tende militari. Tutto materiale che viene distribuito sotto il controllo del comandante locale dei RR.CC, brigadiere Guglielmo Romano, la cui azione gli vale una nota di plauso che il Podestà Carlucci invia ai suoi superiori. Coadiuvano il sottufficiale i due militi della Caserma e una squadra di operai messa a disposizione dal Comune, che provvede anche ad inviare un’apposita squadra di soccorso alla popolazione di Barile.

Intanto si provvede ad allestire in una baracca di legno e lamiera zincata costruita in fretta e furia in Piazza XX Settembre gli uffici del Comune, della Caserma dei Carabinieri e della Chiesa. È mastro Silvio Di Pasquale, giovane falegname del paese, a fornire al Comune le bare grezze, quattro tavole inchiodate alla meglio, per le cinque vittime del terremoto sepolte nel cimitero di Atella.

* * *

Due o tre giorni dopo il terremoto, di sera, proveniente da Melfi passò per Atella il Re, diretto a Napoli per la rotabile di S. Fele. Lo riconobbe Peppe Gatta che, gridando e gesticolando per l’emozione, fermò la vettura di Vittorio Emanuele III. Il Re scese dalla macchina e scambiò brevi parole di circostanza e di incoraggiamento ai paesani ed alle Autorità che erano accorse vicino. Promise rapidi aiuti e ripartì. Pare anche che sia passato il Duce, ma nessuno notò la macchina di Mussolini che passò alla chetichella.

Anche Atella ebbe i suoi fondi governativi per la rico­struzione delle case terremotate e per costruire alcune casette asismiche. Ci furono come al solito polemiche, ritardi e, sembra, boicottaggi da parte di taluni proprietari di case sfitte. Alcuni testimoni assicurarono che un gruppo di cittadini risoluti, con a capo - manco a dirlo - Peppe Gatta, esercitarono sul Podestà pressioni notevoli per ottenere dal Governo otto padiglioni asismici che vennero costruiti nella parte nord del paese, al Piano Annunziata, in posizione più elevata rispetto all’abitato, afflitto in quegli anni dalla malaria.
Di quegli avvenimenti tragici e di quelle condizioni misere nelle quali viveva la popolazione atellana in quel lontano 1930, restano oggi, a cinquant’anni dal terremoto, il ricordo che i nonni raccontano a nipotini spesso distratti.

Intanto il rione Annunziata, cresciuto intorno alle casette asismiche, costruite nel 1930 a tempo di record e consegnate agli assegnatari di allora prima dell’inverno del '30, si è ormai saldato con il centro storico atellano e nessuno definisce oggi più « Mau Mau » i suoi abitanti, come li chiamarono i Rat’ddìs (gli Atellani del centro) tanti anni fa, con riferimento polemico ed un tantino ingeneroso alla condi­zione di estrema indigenza di quelle famiglie ivi alloggiate.

Il Vescovo di Melfi, mons. Domenico Petroni, inaugura le Casette asismiche costruite a nord di Atella


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