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28/05/2022

Ciriaco De Mita,
in una testimonianza dell’on. Vincenzo Viti
di Vincenzo Viti

 

     Con Ciriaco De Mita scompare una delle intelligenze più robuste e sofisticate del mondo democristiano, coltivata nella provincia profonda del Mezzogiorno. Quella che ha espresso profili e genialità segnate e separate dai dialetti ma unita da una vena illuminista. Una intera generazione di avellinesi che ha occupato la scena distribuendosi fra i più nobili filoni della cultura politica e istituzionale. Al centro di essa De Mita ha "distillato" le ragioni della politica nel ciclo che storicamente si apriva ad un grande passaggio riformatore che vedeva la sinistra democristiana alla guida di nuovi complessi equilibri e di una difficile transizione nella vita nazionale. Accompagnato da fervide solidarietà per lo spirito innovatore ma anche da sapidi sarcasmi per un certo intellettualismo "magnogreco" De Mita ha saputo reggere la sfida nella stagione che ha segnato la discesa in mare aperto di una DC chiamata a spendere coraggiosamente la eredità di un popolarismo moderno e l'avventura di nuove contaminazioni.
     Non fu facile il "nostro" rapporto nella Basilicata di Emilio Colombo, conflittuale più per contese di schieramenti che per obiettive ragioni ideali. Diverse le posture dei due leader impegnati oltre il teatrino regionale in una recitazione nazionale più esigente. Militavano ragioni di scuola, di ascendenze e di formazione oltreché generazionali.
     In Colombo una solidale e moderna razionalità e la corrente derivazione cattolico liberale, in De Mita una accentuazione cattolico sociale e un fitto razionalismo di formazione giuridico istituzionale. In più una ovvia proiezione verso forme più avanzare di cooperazione politica. Insomma due grandi scuole. La incomparabile ricchezza della Democrazia Cristiana.
     Un ricordo personale.
     Affrontai De Mita in una temeraria sfida giornalistica. Appena eletto in Parlamento,1983, chiesi a Gianni Letta che Dirigeva il Tempo di ospitare una mia requisitoria contro De Mita, reo di aver negato al Colombo del milione di voti alle precedenti elezioni europee, di tornare a guidare la lista per la circoscrizione meridionale.  Venni nientedimeno pubblicamente redarguito dal Segretario in un discorso al Parco dei Principi.  Fu un esordio non so se amaro o prestigioso, ma indimenticabile.  Superato poi nel ben altro fluttuare delle vicende del mondo.
     Di De Mita rimane la altezza del suo lucido e fitto argomentare su tutti i piani dello scibile: ricco di sillogismo e di piane specchiate rigorose evidenze. Come se non avvertisse emozioni.  Prevaleva la strepitosa sintassi del ragionare sui fini e sui mezzi, cioè il mistero insondabile e malizioso della congiura di intelligenza e politica. 
     Questo era, è stato De Mita.  Per me.

Vincenzo Viti



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